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Giovanni Antonio Canal, meglio conosciuto come il Canaletto (Venezia, 17 o 18 ottobre 1697 – Venezia, 19 aprile 1768) |
Giovanni Antonio Canal, meglio conosciuto come il Canaletto (Venezia, 17 o 18 ottobre 1697 – Venezia, 19 aprile 1768) |
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Giovanni Antonio Canal, meglio conosciuto come il Canaletto (Venezia, 17 o 18 ottobre 1697 – Venezia, 19 aprile 1768) |
Giovanni Antonio Canal, meglio conosciuto come il Canaletto (Venezia, 17 o 18 ottobre 1697 – Venezia, 19 aprile 1768) |
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Giovanni Antonio Canal, meglio conosciuto come il Canaletto (Venezia, 17 o 18 ottobre 1697 – Venezia, 19 aprile 1768) |
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Giovanni Antonio Canal, meglio conosciuto come il Canaletto (Venezia, 17 o 18 ottobre 1697 – Venezia, 19 aprile 1768) |
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Giovanni Antonio Canal, meglio conosciuto come il Canaletto (Venezia, 17 o 18 ottobre 1697 – Venezia, 19 aprile 1768) |
Giovanni Antonio Canal, meglio conosciuto come il Canaletto
(Venezia, 17 o 18 ottobre 1697 – Venezia, 19 aprile 1768)
(Venezia, 17 o 18 ottobre 1697 – Venezia, 19 aprile 1768)
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Giovanni Antonio Canal, meglio conosciuto come il Canaletto (Venezia, 17 o 18 ottobre 1697 – Venezia, 19 aprile 1768) |
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Giovanni Antonio Canal, meglio conosciuto come il Canaletto (Venezia, 17 o 18 ottobre 1697 – Venezia, 19 aprile 1768) |
Canaletto, Rio dei Mendicanti, Ca' Rezzonico, Venezia |
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Canaletto, Piazza San Marco dalla Basilica verso la chiesa di san Geminiano e le Procuratie, Galleria nazionale d'arte antica, Roma |
Giovanni Antonio Canal detto Canaletto
Il Mito di Venezia
Il barocco continua a esercitare una grande influenza anche nella
prima metà del Settecento, seppure in una forma che persegue l'esuberanza dei modelli
seicenteschi solo nel Mediterraneo e nell'America ispanizzati. Altrove, in particolare nella Mitteleuropea, assume i caratteri del tardo barocco (definito anche con i termini di barocchetto o rococò), versione moderata del barocco seicentesco, in prevalenza decorativa. Parallelamente, si verifica la ripresa dell'istanza classicista, alimentata in modo significativo dalla Francia (la bocciatura del progetto di Bernini per la reggia di Versailles segna in questo senso un'inversione di tendenza), capace di generare originali connubi con il tardo barocco.
E' quanto accade, per esempio, in Filippo Juvara, il maggiore architetto italiano del primo Settecento, attivo a Messina, Roma, Mantova, Madrid e, soprattutto, nel Piemonte sabaudo (suoi, fra l'altro, la basilica di Superga, il Castello di Rivoli, La Reggia di Venaria, la Palazzina di Caccia di Stupinigi).
Se però volessimo avvertire i sintomi di un completo superamento del barocco, dovremmo cercarli in un nuovo genere di pittura. Anche in pittura, infatti, il barocco si evolve in barocchetto, da una parte riducendo la magniloquenza delle decorazioni seicentesche, dall'altra dedicandosi con sempre maggiore convinzione all'ut pictura poesis ( " dipingere come poetare "), attraverso la ricerca di effetti che nel bozzetto e nella macchia di colore trovano i loro strumenti prediletti.
E' a Venezia che questa tendenza si sviluppa nel modo più innovativo, manifestandosi, per esempio, nel capriccio - paesaggio di fantasia con rovine, personaggi mitologici o popolari -, che esprime una visione fortemente sentimentale nella natura, per la quale viene coniato un n uovo termine: pittoresco.
Al paesaggio di gusto pittoresco reagisce un nuovo modo di rappresentare la natura, la veduta, che esalta invece l'oggettività di ciò che i nostri occhi vedono, secondo uno spirito razionale che riflette la crescita della mentalità scientifica, contrapponendosi all'irrazionalismo della religione, e che anticipa la svolta dell'Illuminismo.
Nell'attività del più grande dei paesaggisti "razionali" del Settecento, Giovanni Antonio Canal detto Canaletto (1697-1768), capriccio e veduta convivono, con la seconda che finisce per affermarsi, ma in un modo che non cancella il diritto all'esistenza dell'altro. Canaletto è figlio di uno scenografo teatrale, dietro il quale comincia la sua carriera. Sviluppa subito una particolare confidenza con la rappresentazione prospettica dello spazio, per la quale si serve anche di appositi strumenti ottici, come la camera oscura, che gli permettono di renderla quanto più naturale possibile. Intorno ai vent'anni, dopo un soggiorno a Roma, abbandona la scenografia per la pittura. Le rovine di Roma lo avevano incantato, invogliandolo a dipingere capricci che s'ispirano a quelli realizzati da un precursore del genere, il veneziano Marco Ricci, nipote del più affermato Sebastiano. Anche in epoca più avanzata, Canaletto non avrebbe mai smesso di realizzare capricci. Lo dimostra bene quello, tardissimo (1765), conservato alle Gallerie dell'Accademia, una delle sue poche opere presenti a Venezia.
E' un'invenzione singolare, con una prospettiva a cannocchiale che viene inquadrata dal basso e da destra, mostrandoci solo la parte opposta rispetto a quel punto di vista, così come si poteva scorgere la basilica di San Marco dal portico delle Procuratie Nuove, all'altezza del Caffè Florian, dipinta in questo modo da Canaletto alla fine degli anni cinquanta. Il palazzo che vediamo è immaginario, vagamente ispirato all'architettura veneta del tempo, con sfondati arditi e colonne forse troppo esili per essere credibili, con gli architravi che poggiano su di esse in modo precario. Non deve avere fini realistici, perché il suo compito è fare da scenario a un teatro di vita formato da piccole figure, nobili e popolane, impegnate in faccende di ordinaria quotidianità, eppure ciascuna in grado di accennare a un piccolo racconto.
Spetta a chi osserva il quadro sviluppare storie accennate, servendosi della propria immaginazione, in piena libertà, ognuno come ritiene più suggestivo.
A Roma, però, Canaletto doveva essersi accorto anche della diffusione di un nuovo tipo di paesaggio, realistico, spcializzato nella resa delle architetture, caratterizzato dall'attenzione per il dettaglio tipica della pittura del Nord Europa. Lo aveva introdotto un pittore proveniente dall'Olanda, Gaspard van Wittel ( Vanvitelli ), padre del celebre architetto Luigi, trovando diversi seguaci nel resto d'Italia, come il piacentino Giovanni paolo Pannini e l'udinese Luca Carlevarijs, attivo a Venezia. Proprio a Carlevaijs, si collegano le prime vedute veneziane di Canaletto, come quelle conservate a Ca' Rezzonico ( le due vedute di Venezia Canale Grande da Palazzo Balbi verso Rialto e Rio dei Mendicanti ), con la prospettiva che viene assoggettata al bisogno di rendere una certa atmosfera, le figurine numerose e assai animat, i cieli umidi e variati, le luci che, come a teatro, provengono da diverse fonti. Ma Canaletto scavalca presto Carlevarijs, cosa che avrebbe portato quest'ultimo secondo la leggenda, alla morte per crepacuore. le sue vedute si fanno sempre più limpide e abbaglianti, con le architetture che acquisiscono un ruolo dominante, simbolo della razionalità con cui l'uomo è in grado di costruire lo spazio, e capovolgono il rapporto che avevano con le figure. Piazza San Marco verso San Geminiamo e Piazzetta San Marco verso il mare , oggi alla Galleria nazionale di Palazzo Corsini ( Roma), appartengono a un momento, verso il 1735, in cui lo stile di Canaletto a già conseguito una stabilità e maturità senza pari fra i vedutisti del tempo. Da qualche anno, Canaletto è riuscito a garantirsi una clientela non veneziana - in particolare quella di Joseph Smith, mercante e console inglese - che apprezza molto la sua fedeltà al dato reale, invogliandolo a limitare il pittoresco. Straordinaria è la perfezione con cui l'artista rappresenta le due piazze , fra i suoi soggetti più ricorrenti, come un meccanismo di orologio che deve esibire solo l'impeccabilità del proprio funzionamento: il cielo cristallinoche fa scorrere al massimo la luce, metro di paragone per la bellezza perseguita dall'uomo; l'ombra del campanile che fa da meridiana, indicando l'ora del giorno, imitata da quella delle colonne e dei vari gruppi di persone distribuiti in scena a distanze diverse per dare meglio l'idea della profondità; i oennoni che compensano lo sviluppo orizzontale delle composizioni, nel quale il vuoto centrake ha un effetto stabilizzatore, di ancoraggio del terreno, dandoci l'impressione di avvertire il senso dell'aria, e con esso l'odore salino del mare; le ombre che si addensano su portici e finestre, cesellando le membrature con attenzione maniacale, conferendo volume ad architetture che altrimenti avrebbero rischiato di essere piatte ; i colori che si sovrappongono con estremo rispetto al disegno, mai alterando gli aurei equilibri che esso definisce, riducendo al minimo la tradizionale vivacità veneziana.
Non è natura, quella di Canaletto, bensì " supernatura ", modificata dalla ragione dell'uomo in un modo che non ha più paura di confrontarsi con la sua perfezione . Non è una Venezia curiosa e bizzarra: è la città che meglio di ogni altra simboleggia il prodigio dell'ingegno. Una concezione preilluminista che Canaletto porta con sé in Inghilterra, durante un soggiorno decennale in cui realizza molte delle sue opere migliori, a dimostrare che la sua grandezza dipendeva non da dove era nato, ma da un nuovo modo d'intendere la pittura, al passo con i tempi, capace di essere apprezzato ovunque.
Vittorio Sgarbi
Tratto da " Realtà e Visioni "
La Nave di Teseo Editore, Milano
Editing Sergio Claudio Perroni
Edizione speciale per Poligrafici Editoriale S.p.A., Bologna ottobre 2019
In collaborazione con
Fondazione Cavallini Sgarbi
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