" Sono venuto da lontano dentro il buio
dove dormono gli insetti
sono venuto seminando erbe alberi e parole
camminavo verso la mia morte come un prima
cui dirigevo dalla vita stendendo la mia pelle come un paese
una collana di paure e desideri
penando pensando divinità
che oracolavo dentro misteriose orazioni
in quel buio che mi aveva partorito
senza un segno o un segnale dirigo ai cardinali
punti di una terra che mi porta ancora dentro il ventre
senza parentela e canto senza rimpianto
di era in era un perfetto scorrere di assenti
lievi leggeri ronzii
i nostri pensieri si sfogliano
cercando la cattura dell’insetto
l’origine e la direzione dentro una pupilla che sta lì
persa nel cosmo nel tempo
nel vuoto che disancora la scienza
e la trasforma in epifania di un fuoco
che mi brucia in un corpo mi addensa come un sole
mi dilegua nella luce
capovolte tracce
suoni di altre profondità
ancoraggi a qualcosa che resta prematuro e antico
oltre la misura di questo tempo elementare
fatto di farina e bestemmia di ozio e fatica
di fame e sonnolenta veglia
vigilie di un ascolto oltre l’udibile
di una presenza che si fa messaggio dell’oscuro altrove
sempre
sempre un lido ancora un’altra terra come una sposa
una casa una conquista e sempre
il vento nel pugno stretto attorno al nostro sangue
decapitato oltraggiato manomesso venduto osannato deificato
scempio di qualcosa sempre
sempre oltre ogni segno forma pensiero parola
sempre oltre il silenzio di quella bocca spalancata
che tutto mastica e contiene tra la vita e la morte
in sommossa
oltre la pietra oltre ogni porta
cerco ancora chi sono
abito me stesso senza avere memoria
mi affido alla benevolenza del ricordo che m’infossa
dentro il turbine pietoso dell’oblio
della dimenticanza e
là ancora una volta muovo il mio piede incerto
incauto afferro una donna ne faccio luogo del seme
e credo di aver rovesciato il cielo dentro la mia casa
una progenie di stelle e di favi
il fato scritto negli àuguri che ci toccano le mani
da dentro senza poterli vedere
sempre in questa nave
in volo tra i pianeti e il mistero
attraversando soglie di tempo e inganni
andiamo cercando di conoscere ciò che per sua natura
è solo metamorfosi e silenzio.
.
in viaggio
verso la notte
le braccia alte staccate dal corpo in aria
battono un vuoto suono il tempo sta finendo
e il cielo affonda in un vertice che si apre a dismisura
si nutre di stelle e pianeti la voragine le ingoia
la terra non esiste più sotto i piedi l’aria è un segno
dove sta in equilibrio un’ombra
senza tregua e conforto è ferma aspetta
un segnale forse ma tutto resta in quella dissonanza
come spaccato divelto da qualsiasi sostegno
si stringe la luce in una lama sottilissima
e dentro quella miriadi di sciami
quanti come lacrime una pioggia fitta continua
sul profilo di una notte assoluta
e volevo solo immaginarti
allungarmi fino all’orlo essere
il limite di me stessa la pausa
di questa attesa senza fine
dove si nasce e si muore
senza sapere mai dove e perché
senza lasciare mai niente senza lasciarsi
mai
senza andare mai
se non in quel respiro
quando nessuno vede
?
dove sta
il nucleo
dove tornare
il suolo primario
il suono di un silenzio
mondo modo originario
dirigendosi all’archetipo
musico legendario
scomposti noi per note
acustiche di creta o cetra di un altrove
plasticamente malleabili dai vertici del cosmo
non alienabili né allineabili vocali vacanti vaganti fonemi
progressioni asillabiche forme tracce dell’album
flusso sonoro progressivo
oceano coro della vita
mondi nodi
d
i
v
e
r
s
i
Fernanda Ferraresso
Poetessa
***
Marco Mazzoni
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