ArteInMovimento by Daniela Scarel

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Marco Mazzoni, Artista - " C’è un libro sempre aperto per tutti gli occhi: la natura. " (Jean-Jacques Rousseau)

martedì 15 novembre 2022

Giotto " I Vizi e le Virtù " Cappella degli Scrovegni a Padova


" La Prudenza è raffigurata di tre quarti, seduta a uno scrittoio. Il volto è femminile e guarda, come tipico, lo specchio (in questo caso convesso) per controllare la situazione alle sue spalle. Sulla nuca inoltre si scorge un volto maschile barbuto, nel quale alcuni hanno indicato una figura simbolica di filosofo.

Nell'altra mano regge un compasso ed ha sottomano un libro nel quale legge la storia del mondo per ricavare ammaestramenti. Lo schienale del sedile è riccamente intagliato creando rosoni traforati, volute e girali.

Sull'altro lato è accoppiata con la Stoltezza, vizio di chi vive senza coscienza di sé e del mondo. "

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La Prudenza (Prudentia) è un affresco (120x60 cm) di Giotto, databile al 1306 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova.

Serie delle Virtù e dei Vizi di Giotto



" La Stoltezza, che venne scialbata e riscoperta solo nel 1881, mostra una figura maschile di profilo. Essa ha i fianchi larghi ed è addobbata da giullare, col capo ricoperto di piume, un gonnellino con strascico, una treccia in vita a cui sono appese due sfere. Ha una grossa clava in mano che chiarisce il tipo del "selvatico" cioè l'uomo bestiale come san Paolo descrisse gli infedeli in contrasto coi gentili
Sull'altro lato è accoppiata con la Prudenza, virtù di chi invece pondera attentamente le sue scelte. "

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La Stoltezza (Stultitia) è un affresco (120x55 cm) di Giotto, databile al 1306 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova.

Serie delle Virtù e dei Vizi di Giotto


" La Fortezza è raffigurata in maniera tradizionale come una robusta guerriera, appoggiata a uno scudo con una croce e un leone a rilievo (simbolo di forza, appunto) e reggente con l'altra mano una mazza ferrata. Alcuni hanno interpretato il leone in maniera più complessa, come simbolo della potenza dei nemici della virtù (D'Hancarville) o come emblema della generosità d'animo (Selvatico). Al collo ha legata inoltre la pelle del leone Nemeo (la "leontè"), che la configura come una vera e propria Ercolessa.

Sull'altro lato è accoppiata con la Scostanza che a differenza della Fortezza, coi piedi ben per terra, è rappresentata vacillante. "

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La Fortezza (Fortitudo) è un affresco (120x55 cm) di Giotto, databile al 1306 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova.

Serie delle Virtù e dei Vizi di Giotto



" Per rappresentare l'umana mobilità, l’Incostanza è raffigurata come una figura femminile che è sollevata dal vento, il quale le gonfia la veste. Essa inoltre sta su una ruota appoggiata su una superficie inclinata di marmo screziato, per sottolineare la sua estrema instabilità. Opposta alla Fortezza (che invece ha i piedi ben saldati a terra), essa simboleggia la debolezza e la fatuità. "

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La Scostanza (Inconstantia) è un affresco (120x55 cm) di Giotto, databile al 1306 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova.

Serie delle Virtù e dei Vizi di Giotto



" La Temperanza è raffigurata come una figura femminile che impugna una spada strettamente legata da nodi, simboleggiante come essa non ricorra alla forza. Indossa una lunga tunica ed ha il capo coperto da un cappuccio.

Sull'altro lato è accoppiata con l'Ira. "

La Temperanza (Temperantia) è un affresco (120x55 cm) di Giotto, databile al 1306 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova.

Serie delle Virtù e dei Vizi di Giotto



" L'Ira è una figura femminile che nella follia della rabbia si straccia le vesti scoprendosi il petto e inclinandosi con bestiale irresponsabilità. Il gesto si ritrova nella scena di Cristo davanti a Caifa eseguito proprio dal sommo sacerdote a capo del sinedrio. La figura spicca tra gli altri vizi per il vigore del gesto, che ne fa opera quasi sicuramente autografa.

Essa è opposta alla calma della Temperanza, sulla parete opposta. "

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L'Ira è un affresco (120x55 cm) di Giotto, databile al 1306 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova.

Serie delle Virtù e dei Vizi di Giotto



" La Giustizia è l'unica Virtù in trono, perché per Aristotele non era semplicemente una delle virtù ma la Virtù per eccellenza, da cui discendono tutte le altre. È raffigurata come una solenne figura femminile coronata e seduta su un trono, che nella forma traforata delle cuspidi sui braccioli e nella prospettiva intuitiva della rappresentazione costituisce un'anticipazione della Maestà di Ognissanti. Nelle mani regge i due piatti di una bilancia in cui si trovano a destra un angelo con la spada sguainata in atto di colpire dei malfattori e a sinistra un altro angelo che incorona invece un uomo seduto ad un banco (quasi illeggibile). Sono simboli dei due rami della giustizia secondo Aristotele: la giustizia distributiva e la giustizia commutativa; la prima regola i rapporti pubblici (distribuzione di onori e pubbliche ricchezze), l'altra i rapporti privati, tra cui le punizioni dei reati (scambio di cose).

Alla base si trova un fregio in cui sono rappresentate scene di caccia col falcone, di danza e pellegrini o mercanti in viaggio, simboleggianti i piaceri e i vantaggi della vita che l'uomo può concedersi in una società ordinata e ben governata.

Sull'altro lato è accoppiata con l'Ingiustizia, che presenta un analogo fregio alla base con dei mercanti derubati da briganti. La coppia costituisce quindi un'anticipazione in piccolo, nel tema e nello svolgimento, dell'Allegoria del Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti nel Palazzo Pubblico di Siena. "

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La Giustizia (Iustitia) è un affresco (120x60 cm) di Giotto, databile al 1306 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova.

Serie delle Virtù e dei Vizi di Giotto



" L'Ingiustizia è una figura maschile anziana, seduta come in un trono sotto un arco oscuro, l'entrata di un castello circondato da rupi rocciose. L'accesso è ostacolato da una siepe d'alberi e arbusti, a riprova della sua inaccessibilità. Esso tiene in mano una spada e nell'altra un arpione, armi di rapina e violenza. Come un feudatario ribelle o un magistrato corrotto, al quale assomiglia nella posa e nell'abbigliamento, guarda orgogliosamente verso l'esterno con mento alto, non comunica con lo spettatore ed è indifferente alle scene di violenza ai suoi piedi; le sue unghie lunghe ricordano gli artigli degli animali e dei demoni. Ai suoi piedi corre un fregio, che mostra i fatti che avvengono sotto il suo dominio: in un finto rilievo i cavalli vengono rubati e imbizzarriscono, la gente è rapinata di tutto per strada e i guerrieri circolano armati seminando distruzione.

Questa rappresentazione simbolica è opposta alla Giustizia sulla parete opposta, che presenta una analogo fregio alla base. La coppia costituisce quindi un'anticipazione in piccolo, nel tema e nello svolgimento, dell'Allegoria del Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti nel Palazzo Pubblico di Siena.

Le figure negative, sia nel volto del personaggio principale che nei personaggi del fregio, sono rovinate dai graffi dei pellegrini antichi, che così intendevano esorcizzare il Maligno."

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L'Ingiustizia (Iniustitia) è un affresco (120x60 cm) di Giotto, databile al 1306 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova.

Serie delle Virtù e dei Vizi di Giotto



" La Fede è una figura femminile indossante un mantello, una lunga veste e un cappello appuntito che ricorda una mitria; la veste ha dei buchi, riferimento alla povertà del cristianesimo primitivo e degli ordini monastici. È rappresentata frontalmente, ieraticamente solenne, mentre con la destra regge un bastone con la croce e con la sinistra un cartiglio, forse il rotolo in cui sono scritte le verità rivelate. Alla cintura tiene una chiave, probabilmente quella del Regno dei Cieli. Con l'asta della croce rompe un idolo abbattuto e con i piedi calpesta delle tavole con arabeschi, spiegati come allusione alla cabala e quindi al mondo ebraico ma anche agli oroscopi. In alto si affacciano due angeli a mezzobusto negli angoli del riquadro.

Sull'altro lato è accoppiata con l'Infedeltà (Idolatria), che presenta un analogo fregio alla base. "

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La Fede (Fides) è un affresco (120x55 cm) di Giotto, databile al 1306 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova.

Serie delle Virtù e dei Vizi di Giotto



" L'Infedeltà è da intendersi come opposto di Fede sul lato opposto e quindi come simbolo di idolatria. È una figura maschile indossante un elmo che regge un idolo con la destra, che lo tiene legato al collo tramite un cappio, simbolo della schiavitù che generano i falsi miti, impedendogli di guardarsi alle spalle dove spunta la Verità, simboleggiata da un profeta nell'angolo in alto a destra che sventola invano il suo cartiglio col messaggio divino. Le fiamme in basso a sinistra potrebbero alludere al futuro destino all'Inferno dell'idolatra. Più difficile è spiegare il significato del ramoscello tenuto in mano dall'idolo: forse è il mirto e quindi la statuetta rappresenterebbe Venere.

La scelta di rappresentare figure a monocromo tra specchiature marmoree, come finti bassorilievi, ebbe una formidabile eco nell'arte, che si propagò ancora nel Rinascimento, dagli sportelli esterni dei polittici fiamminghi alle Stanze di Raffaello, dalla Camera della Badessa di Correggio alle finte statue della Galleria Farnese. "

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L'Infedeltà (Infidelitas) è un affresco (120x55 cm) di Giotto, databile al 1306 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova.

Serie delle Virtù e dei Vizi di Giotto



" La Carità è una figura femminile giovane e incoronata di fiori, dall'espressione serena. Con la mano destra offerente tiene un cesto ricolmo di fiori, frutta e spighe e con la sinistra riceve da Dio, o porge a Dio, un cuore, simbolo stesso dell'Amore caritatevole; la Carità rappresenta infatti un ponte tra Dio e l'umanità. Ai piedi si vedono sacchi di vile denaro, trascurati a terra.

Si tratta di un'iconografia diversa da quella più tradizionale, in cui la Carità appare come una donna che allatta più fanciulli.

Tra le allegorie del ciclo è una di quelle con migliore livello qualitativo.

Sull'altro lato è accoppiata con l'Invidia, che presenta un analogo fregio alla base. "

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La Carità (Karitas) è un affresco (120x55 cm) di Giotto, databile al 1306 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova.

Serie delle Virtù e dei Vizi di Giotto



" L'Invidia è un'anziana con un serpente che le esce dalla bocca, simbolo del suo maledire, e le si ritorce contro colpendole gli occhi, secondo il significato letterale etimologico della parola come il difetto del "non-vedere". Essa, diversamente dall'iconografia tradizionale, è un essere diabolico con corna che spuntano dalla cuffia e regge strettamente un sacco, simbolo di avarizia, in opposizione alla Virtù sul lato opposto, la Carità, che è invece prodiga nell'aiutare gli altri. Fiamme si sprigionano ai piedi dell'Invidia, che simboleggiano sia l'inferno che il bruciare del desiderio delle cose altrui che arde come il fuoco.

Figura dalla potente carica evocativa, l'invidia venne citata direttamente fin da Francesco da Barberino e nel tempo ha riscosso ammirazione unanime con l'eccezione del critico Matteo Marangoni (1942), che ebbe parole taglienti per quasi tutte le Virtù e i Vizi della cappella dell'Arena. Alcuni graffi che ne deturpano il volto dopotutto testimoniano la volontà dei visitatori antichi della cappella di scongiurarne la carica malefica, come avviene anche nella vicina allegoria della Disperazione. "

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L'Invidia è un affresco (120x55 cm) di Giotto, databile al 1306 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova.

Serie delle Virtù e dei Vizi di Giotto



" La Speranza è una figura femminile alata, raffigurata di profilo mentre spicca il volo e leva le mani verso un angelo che le porge una corona. Si tratta di una rappresentazione diversa dall'iconografia tradizionale, che poi ebbe buon seguito (ad esempio nelle porte del battistero di Firenze di Andrea Pisano). I critici si sono divisi sulla valutazione della figura: se lo slancio, la dolce fisionomia e il dolce movimento del panneggio appaiono probabilmente autografi, l'ala appare "goffa", come la definì il critico Matteo Marangoni (1942).

Sull'altro lato è accoppiata con la Disperazione; alla leggerezza ascendente della Speranza è opposta la pesantezza della Disperazione impiccata. "

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La Speranza (Spes) è un affresco (120x60 cm) di Giotto, databile al 1306 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova.

Serie delle Virtù e dei Vizi di Giotto




" Opposto alla Speranza, l'allegoria della disperazione (anche etimologicamente opposto di Spes) non potrebbe essere un'immagine più chiara: una figura femminile impiccata, con le mani tragicamente contratte nello spasmo doloroso della morte violenta. La spessa corda pende da una stanga piegata dal peso e il collo appare spezzato, denotando uno studio dal vero dei condannati a morte che spesso venivano lasciati fuori dalle città a monito. Il demonio strappa i capelli alla donna per ricordare come essa, rifiutando la virtù teologale della speranza sia condannata alle pene infernali. Anche in questa scena, come nella vicina Invida, graffi antichi deturpano il diavolo e il volto della donna, nel tentativo popolare di scongiurarne la carica malefica.

La scena è accoppiata alla Speranza sul lato opposto, che a differenza della pesantezza dell'impiccata, ascende leggera verso Dio. "

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La Disperazione (Desperatio) è un affresco (120×60 cm) di Giotto, databile al 1306 circa e facente parte del ciclo della cappella degli Scrovegni a Padova.

 
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" μέσον τε καὶ ἄριστον
(il mezzo è la cosa migliore)
Aristotele nell'Etica Nicomachea

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I Vizi e Virtù di Giotto
Cappella degli Scrovegni,
Padova Musei

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Nella Cappella degli Scrovegni di Padova si ammira una straordinaria rappresentazione delle Virtù e dei Vizi realizzata in monocromo da Giotto. Il ciclo si sviluppa nel registro inferiore delle pareti laterali all’interno di un finto zoccolo in marmo con finte statue allegoriche: le statue sono disposte in sette coppie contrapposte e simmetriche, con le Virtù sulla parete destra e i Vizi sulla parete sinistra.
La Cappella degli Scrovegni venne realizzata da Giotto fra il 1303 e il 1305 su commissione di Enrico Scrovegni, erede di una ricca dinastia di mercanti: lo Scrovegni fece edificare e affrescare la Cappella come gesto di riscatto ed affrancamento sociale dal prestito a usura, attività infamante praticata dal padre Reginaldo.
La rappresentazione delle Virtù e dei Vizi di Giotto si inserisce all’interno del racconto della Storia della Salvezza, tema cui è dedicata la raffigurazione sulle pareti, attraverso il racconto delle Storie di Gioacchino ed Anna, della Storia di Maria e della Storia di Gesù. La narrazione termina con il Giudizio universale, dipinto in controfacciata. La meditazione sulle sette Virtù – le tre Teologali e le quattro Cardinali – e sui sette Vizi ad esse contrapposti accompagna dunque il fedele nel suo personale percorso di salvezza – o perdizione – fino al giorno del Giudizio, conducendolo in Paradiso oppure all’Inferno. La disposizione delle Virtù e dei Vizi lungo le due pareti – le prime sulla parete destra, i secondi sulla sinistra – riprende proprio la raffigurazione del Cristo nel Giudizio Universale, con la mano destra aperta verso il Paradiso e la mano sinistra chiusa sull’inferno.

​Autore: Viaggiatrice curiosa

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